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" claro desnudo y contundente "

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Un racconto di Gianni Mura tratto da: Confesso che ho bevuto a cura di Luigi Anania – Silverio Novelli  © ed. DeriveApprodi – Roma

Non faccio il sommelier, non faccio il ristoratore, non collaboro a nessuna guida, posso permettermi il lusso supremo dell’ignoranza, della tabula rasa. Questo mi renderà socialmente poco gradito perché starò ai margini delle diatribe sul cuoio di Russia e la ginestra vesuviana, e pazienza. Nemmeno nel più scassato bar di Bearne ammetterò sentori di merde de poule. Dirò solo nome, cognome e numero di matricola se catturato dai nemici e invitato a identificare la rosa canina in un Rouché, o Ruchét. Non dirò più perlage, prise d’écume, bidule, liqueur d’expédition, pupitre, cru, cuvée. Non sarà una grande rinuncia. Continuerò a bere, sarò più impregnato che impegnato, più libero che libro, più d’istinto che distinto, più corto che colto, più nudo che nodo, più aperto che esperto, più formato che informato (penso) e deformato (spero), più carnale che canale, più fanale che banale, più bocca che bacca, più sostanza che costanza, più tralcio che stralcio, più piuma che puma, più ramo che remo, più palato che pelato, più grumo che gramo, più uomo che duomo, più voglia che doglia, più ballo che bollo, più bello che bullo, più buono che suono, più felce che falce, più campagna che campana, più acino che acido, più mite che mito, più passito che passato, più storia che scoria, più riso che reso, più naso che raso, più luce che duce, più commosso che commesso, più caldo che saldo, più carezza che cavezza, più festa che testa, più gola che gala, più fisarmonica che filarmonica, più colore che dolore, più tanto che tonto, più avvinto che avvento, più rose che pose.Ditemi quel che volete: Pallagrello o Dolcetto di Dogliani, Condrieu o Vermentino. Potrei stupirvi con parole nuove, ma non siamo a teatro, non datemi niente che mi arrangio da solo. Dimenticavo: gradi Babo, aborto floreale, cloni, nuances, tartrati. Affanculo anche loro.